Arthur Conan Doyle (1852-1930), campione del positivismo, creatore dell’indimenticabile Sherlock Holmes, investigatore la cui fama è dovuta anche al metodo d’indagine dominato dalla razionalità e dal ragionamento analitico, da un certo punto della sua vita divenne un sostenitore dell’esistenza delle fate… Che cosa c’entra Conan Doyle con le fate di Cottingley? C’entra molto. Fu proprio Conan Doyle a diffondere negli ambienti teosofici ed esoterici di tutto il mondo la notizia delle apparizioni delle fate a Cottingley, prima con due articoli sullo Strand Magazine, del dicembre 1920 e marzo 1921 e quindi con un libro, The Coming of the Fairies ("La venuta delle fate"), pubblicato a Londra nel 1922 e quindi in una seconda edizione ampiamente rivista nel 1928. Il volume non era mai stato tradotto in italiano, fino a quando nel 1992 uscì da SugarCo - con il titolo Il ritorno delle fate e con la riproduzione delle fotografie originali conservate dalla biblioteca dell’Università di Leeds - in un’edizione curata dal sottoscritto e dallo specialista americano Michael W. Homer. Anche i lettori italiani potevano così scoprire una curiosa verità su Conan Doyle: lo stesso romanziere che aveva messo in scena il trionfo della ragione deduttiva con Sherlock Holmes era stato un fervente difensore della credenza delle fate. Ma che cosa era successo, precisamente, ottant’anni fa a Cottingley? I negativi delle foto non furono manomessi in alcun modo, ma le fate immortalate somigliano in modo imbarazzante alle illustrazioni di uno dei libri dell'epoca (Princess Mary's Gift Book), al punto che pare ovvio siano proprio le pagine di quei libri ritagliate ed usate come sagome da appuntare al terreno tramite spilli. Ma le immagini suscitarono un enorme clamore, anche grazie all'interessamento ed al supporto di Sir Arthur Conan Doyle, che le credeva assolutamente "genuine”. Nel luglio del 1917, due bambine (Elsie Wright e sua cugina Frances Griffiths) presentarono una serie di fotografie che le ritraevano in compagnia di fate e folletti. In quell’anno una bambina di nove anni, Frances Griffiths (1907-1986) si era trasferita nella località dello Yorkshire dal Sudafrica, andando a vivere insieme con la madre in casa di una zia materna che aveva una figlia di sedici anni, Elsie Wright (1901-1988). Un giorno Frances ed Elsie tornano a casa bagnate. Rimproverate, spiegano che presso un ruscello si sono sporte per vedere le fate. Trattate da bugiarde, chiedono in prestito la macchina fotografica del padre di Elsie, e tornano a casa con una fotografia dove Frances è circondata da quattro fate danzanti. A questa prima foto, del luglio 1917, ne segue in settembre un’altra che mostra Elsie con uno gnomo. La famiglia non dà troppa pubblicità alle apparizioni, ma la madre di Elsie partecipa alle attività della Società Teosofica e nel 1919 trasmette le fotografie a Edward L. Gardner, un’autorità fra i teosofi in materia di spiriti. Gardner ne parla all’amico Conan Doyle che, razionalista e ostile al Cristianesimo e ai miracoli, è però un attivo spiritista e si interessa a tutta una serie di fenomeni occulti. Il romanziere prega Gardner di indagare nello Yorkshire e, quando il teosofo conferma che le ragazzine sembrano degne di fede, si lancia a capofitto nella propaganda internazionale dell’episodio. Conan Doyle si considerava un esperto di fotografia, e aveva esaminato le prime due fotografie - e le altre tre scattate dalle ragazze di Cottingley nel 1920 - senza trovare nessun sintomo di trucco o di doppia esposizione. Contro Doyle e le fotografie delle fate si levarono molte voci, anche autorevoli, che con strumenti diversi, intendevano porre in rilievo l’inattendibilità di quelle "prove". Doyle così replicò emblematicamente alle accuse: "Ci sono migliaia di persone che credono ancora alla fantastica affermazione fatta qualche anno fa secondo cui le fotografie delle fate sarebbero state tratte da una ben nota pubblicità. Nella mia conferenza ho dichiarato che avrei accettato qualunque spiegazione di queste fotografie, tranne una che accettasse il carattere delle bambine. Sono sicuro che quando ho spiegato i fatti c’erano delle persone nella sala disposte ad accettare le fotografie (...). Ci sono state molte obiezioni presentate contro le fotografie di Cottingley, la maggioranza delle quali evidentemente assurde. L’obiezione che merita più attenzione è qualche si tratta di figurine accuratamente ritagliate e sospese con fili invisibili nella fotografia. Questa spiegazione è concepibile ma il peso della probabilità mi sembra ampiamente contro di essa". Poi, rifacendosi al metodo indiziario, Doyle apportava alcune puntualizzazioni e obbiezioni: 1) Frances, la ragazza più giovane , ha scritto nel 1917 che Cottingley era un bel posto per le sue farfalle e le sue fate. Questa settimana venne spedita ad un’amica in Sud Africa e non venne scoperta fino al 1923, circa, e pubblicata sul Cape Argus. Per quale possibile ragione una bambina di 10 anni avrebbe dovuto esprimersi in questo modo se avesse saputo che si trattava di un inganno? 2) Se le figurine fossero state ritagliate, le stesse figure, o simili, dovrebbero esistere su qualche libro o giornale. Ma non sono state ritrovate. 3) C’è una grande differenza nella solidità tra le figure del 1920 e quelle del 1917, che può essere spiegata con la diminuzione dei poteri medianici delle bambine, ma non si spiega nell’ipotesi di un falso. 4) Gli esperti hanno notato segni di movimento nelle figure. 5) Il Signor Gardner si è formato un’altra opinione del carattere sia delle bambine che del padre di Elise. Quest’ultimo si sarebbe certamente resoconto di un eventuale inganno".Le certezze di Conan Doyle vanno soprattutto ricercate nelle pretese di obbiettività che, in particolare nel Positivismo, si riconoscevano alla tecnica fotografica, da poco in fondo entrata a far parte del corredo strumentale delle scienze. Le fotografie tuttavia non hanno "resistito all’investigazione". In anni più recenti, esperti più simili allo scettico Sherlock Holmes, che al credulo Conan Doyle le hanno riesaminate, e hanno concluso che - senza bisogno di doppia esposizione - le bambine hanno semplicemente collocato nei prati di Cottingley delle banali silhouette, delle fate di cartone, che poi hanno fotografato. Ironia della sorte, la prima e più celebre fotografia sembra ispirata a un disegno di un libro per bambini del 1914, il Pincess Mary’s Gift Book, a cui aveva contribuito lo stesso Conan Doyle. Nel bel mezzo di una serie di articoli sul "sorprendente caso delle fate di Cottingley" pubblicati tra il 1982 e il 1983 dall’autorevole The British Journal of Photography, il caso diventa veramente "sorprendente". La più vecchia delle bambine di Cottingley, Elsie - ormai un’anziana signora - scrive e confessa che si trattava proprio di fate di cartone, di uno "scherzo, che è stato ora smascherato", iniziato per gioco e sostenuto per anni per non creare problemi alla madre teosofa di Elsie e al povero Conan Doyle. La rivista rintraccia anche Frances, la cui versione è diversa: sì, le fate sono di cartone nelle prime quattro fotografie, ma non nella quinta che "è una vera fotografia di vere fate". Per Frances le fate esistono, ma nessuno avrebbe creduto alla loro esistenza se - attraverso le prime quattro fotografie - non avessero corredate di prove false una storia vera. Oggi anche la quinta fotografia viene messa in discussione dagli esperti, ma certo a rigor di logica Frances (che è morta nel 1986) aveva ragione.